A proposito dell' artista
Piero Boni è nato a Senigallia, da famiglia bergamasca, 84 anni fa. Notaio per tutta una vita, pur dipingendo sin da ragazzo, ha iniziato a dedicarsi esclusivamente alla pittura quale autodidatta soltanto all’approssimarsi della pensione – già da bambino, tuttavia, sognava di diventare pittore. Passione, la pittura, che nel corso degli anni mise da parte per abbracciare quella della chitarra e per trovare poi un lavoro – che come lui stesso ha affermato – gli permettesse di avere una stabilità economica (data l’educazione tradizionale impartitagli). Piero Boni tuttavia proprio a questo proposito ha commentato <<Che in fin dei conti, chissà, c’è un legame tra la professione di notaio e l’arte. I padri di Tiziano, Leonardo e Masaccio erano tutti notai. Forse è un’attività che spinge all’evasione>>.
Egli trova ormai da tempo sfogo e spazio per l’evasione, nei grandi quadri d’olio su tela, di pianeti immaginari, denominati Giò ed Artù. Uno più simile alla Terra, l’altro “più evoluto ed elevato” ma entrambi ritratti con pochi segni, figure geometriche e campiture di colore. Pianeti che sono stati definiti dalla critica allo stesso tempo familiari e distanti, onirici e concreti. Opere quelle di Piero Boni che si caratterizzano anche per i titoli, spesso molto lunghi e che sembrano dialogare con il rappresentato, e che per il loro autore aiutano ad arrivare alla conclusione. La sua visione, è protesa verso la bellezza, la luce, il sogno, l’astrazione, la trascendenza, la gioia e per questo i suoi elaborati artistici sono privi di qualsiasi rimando all’angoscia e, invece, piuttosto inclini all’umorismo.
Piero Boni ha spiegato che le sue opere <<affermano la continuazione della vita dopo la morte su pianeti dell’immaginazione; s’incontra dapprima il pianeta Giò, luogo di sosta e passaggio verso il pianeta Artù che è stazione non ultima di una lunga quanto felice ascesa. È la visione di un mondo che “non è qui”, un’altra dimensione dell’esistenza (…)>>.
I dipinti di Piero Boni, nonostante una qual certa astrazione fusa alla figurazione, vogliono indurre a interpretare forme astratte come rappresentazioni naturalistiche “aliene” di fiori e piante illustrati come essi fossero viventi e coscienti tant’è che il prof Vittorio Sgarbi ha sottolineato << Il linguaggio figurativo di Boni non rappresenta la natura, ma la evoca attraverso l’istituzione di un codice cifrato che la filtra fino a giungere alla massima essenza grafica del suo aspetto>>. Piero Boni dunque con le forme vuole creare un linguaggio, narrare con esso storie verosimili o fantastiche – continua Sgarbi – oppure trasmettere agli altri particolari emozioni ...Sono forme, per dirla come Kandinskij, che hanno un suono interno: ogni triangolo, sia acuto, rettangolo o equilatero, ha un suo profumo spirituale. Ogni forma ha un contenuto interiore. La forma è dunque l’espressione del contenuto interiore.
Visione cosmica prospettata, quella di Boni, che fa riferimento alle più avanzate teorie scientifiche sulla natura dell’universo, concepito come un gigantesco computer della coscienza, espressione di una misteriosa realtà sottostante alla Albert Eistein e alla David Bohm.
Tra le esposizioni alle quali Piero Boni ha preso parte si ricordi la Biennale di Perugia nel 2016, nonché quella a Venezia e a Milano nel 2017. Egli è stato ed è altresì assai apprezzato a Miami e New York.